La pesca a strascico esercita un impatto così devastante sui fondali marini da essere paragonato al taglio a raso delle foreste.
Lo studioso Daniel Pauly l’ha definita una tecnologia medievale di cui disfarsi per i suoi altissimi costi ambientali.
LO STRASCICO ILLEGALE IN AREE PROTETTE
Per il Mediterraneo uno dei principali fattori di impatto è infatti proprio la pesca che usa metodi invasivi e distruttivi come la pesca a strascico che, negli anni, ha contribuito a trasformarlo nel bacino con il più alto tasso di sovrasfruttamento al mondo.
Oggi il 75% degli stock ittici valutati è sovrasfruttato con alcuni stock sull'orlo del collasso.
Un dato che consegna al Mediterraneo il triste primato di bacino con il più alto tasso di sovrasfruttamento al mondo
Per promuovere il recupero degli stock e tutelare gli ecosistemi più fragili, l’Italia ha introdotto negli anni diverse chiusure permanenti alla pesca a strascico la cui attuazione è spesso rimasta solo su carta, come evidenzia la nostra analisi sulle Zone di Tutela Biologica (ZTB) e sui siti marini Natura 2000 nel Mar Mediterraneo.
LA MANCATA TUTELA DEI MARI ITALIANI DALLA PESCA ILLEGALE
Il dossier di MedReAct, "Gli impegni mancati per la tutela del Mar Mediterraneo", oltre ad analizzare nel dettaglio le 26 ZTB istituite nei mari italiani, riporta i dati di uno studio del CNR del 2019 che rivela diffuse attività di pesca illegale nelle ZTB che rendono queste misure sostanzialmente inefficaci.
Delle 12 Zone di tutela biologica analizzate dal CNR, ben 11 sono risultate soggette a pesca illegale