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Comunicato Stampa

Pesca a strascico: il piano di azione marino UE

A rischio l'obiettivo di tutela del 30% dei mari italiani entro il 2030                                       

Tempo di lettura: 2 minuti

IL PIANO D'AZIONE PER PROTEGGERE I FONDALI MARINI


L’Italia è stato l’unico Paese europeo che si è pronunciato contro le conclusioni del Consiglio Pesca dell’UE sul Piano d’Azione Marino lo scorso 27 giugno. 

Tra gli obiettivi del Piano d’Azione, presentato dalla Commissione europea, la protezione dei fondali marini, anche attraverso l'eliminazione graduale, entro il 2030, della pesca a strascico o con le draghe nelle aree marine protette e la tutela del 30% dei mari europei.

Attualmente il 79% dei fondali marini dell’UE è fisicamente alterato, principalmente a causa della pesca a strascico che non solo danneggia gli ecosistemi da cui dipendono le attività di pesca, ma che comporta anche un notevole consumo di combustibili fossili. La mancanza di selettività dello strascico provoca anche molte catture indesiderate di specie non commerciali e vulnerabili. Nonostante questo, la pesca a strascico continua a essere ampiamente consentita nelle aree marine protette europee compromettendone gli obiettivi di conservazione.

UN INFONDATO ALLARME DEL SETTORE DELLA PESCA


Nel Mediterraneo, l’Italia dispone della più ampia flotta di pesca a strascico con oltre 2000 pescherecci che operano in tutti i mari del bacino. Questo comparto si è schierato compatto contro il Piano d’Azione europeo, configurando scenari apocalittici per il futuro della pesca, (ad esempio il tracollo economico e la perdita di migliaia di posti di lavoro) e per la sicurezza alimentare.

In realtà, a differenza del Nord Europa, nel Mediterraneo la pesca a strascico è stata vietata fin dal 2006 dall’Unione europea nei siti marini Natura 2000 e altre aree marine protette istituite per la tutela di  habitat sensibili come il coralligeno, le fanerogame marine o i letti di mäerl.

Non solo, nel Mediterraneo vige anche il divieto di strascico sottocosta dove si trova la maggior parte delle zone protette.

Eppure l’infondato allarme del settore della pesca ha fatto breccia nel governo e in Parlamento. A seguito dell’audizione dei rappresentanti dei sindacati della pesca, il 20 giugno la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati ha decretato che “l'estensione delle zone marine oggetto di tutela, unitamente al divieto di pesca a strascico in tali zone, avrebbe effetti dirompenti per il comparto della pesca europeo ed italiano” e che “le misure proposte non sono basate su solidi dati scientifici, in quanto non è dimostrato che interrompere lo strascico consenta di ripristinare i fondali”

Anche il ministro Francesco Lollobrigida nel corso del Consiglio Pesca dell’UE ha contestato le ormai numerose evidenze scientifiche sull’impatto dello strascico sull’integrità dei fondali marini e sulla rigenerazione degli ecosistemi quando protetti da questa attività distruttiva.  

Eppure uno dei casi più eclatanti a livello internazionale sull’efficacia del divieto di strascico si trova proprio in Adriatico, dove la chiusura a tale tecnica di pesca nella Fossa di Pomo ha innescato un effetto rigenerativo straordinario sulle specie ittiche fortemente sovrasfruttate dalla pesca e sull’ecosistema dell’area. 

L’intento del Piano d’azione marino non è stato quindi altro che quello di tradurre in azioni concrete l’impegno di tutela del 30% dei mari europei entro il 2030 e di applicare le misure già in vigore da anni nel nostro mare.

Un obiettivo ancora più importante per il Mediterraneo che ancor oggi vanta il triste primato di mare più sovrasfruttato del Pianeta.

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Pesca a strascico - Piano d'azione marino

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