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Comunicato Stampa

Allarme pesca: Mediterraneo depredato

Il 96% degli stock ittici dell’UE sono sovrasfruttati con una pressione di pesca tre volte superiore il livello sostenibile.

Tempo di lettura: 2 minuti

Roma, 5 febbraio 2016 – Alla vigilia della Conferenza dell’Unione europea sullo stato degli stock ittici in Mediterraneo (Catania, 9-10 febbraio 2016), MedReact lancia l’allarme: il tasso di sovrasfruttamento della pesca nel Mare Nostrum peggiora sempre di più sopratutto da parte delle flotte di pesca europee, nonostante il parziale recupero del tonno rosso. Mentre in Nord Europa un numero crescente di stocks ittici mostra segni di recupero, la situazione per quelli del Mediterraneo ha raggiunto livelli davvero critici.

A parlare sono i numeri: secondo gli ultimi studi dell’Unione Europea il 96% degli stock dell’UE sono sovrasfruttati con una pressione di pesca tre volte superiore il livello sostenibile. Per alcuni stock come quelli del merluzzo, triglia, budego e melù la mortalità per pesca ha raggiunto livelli sei volte superiori a quelli ritenuti sostenibili (RMS). [1] Mentre il 91% degli stock condivisi con Paesi terzi mostrano tassi di sfruttamento della pesca due volte superiore al livello RMS.

La situazione nel Mediterraneo è dunque drammatica. Un danno enorme per la sua biodiversità, considerata tra le più importanti al mondo. Pur rappresentando lo 0.8% della superfice globale degli oceani, il mar Mediterraneo contiene dal 4 al 18% delle specie marine.

La riforma della Politica Comune della Pesca (PCP) , adottata nel 2013, prevede che gli stock ittici debbano essere riportati a livelli sostenibili entro il 2020. Secondo gli esperti dell’Unione europea, nel Mediterraneo il perseguimento di questo obiettivo impone una riduzione dello sforzo di pesca del 50-60%.

Eppure anche questo potrebbe non bastare. Un nuovo studio pubblicato su Nature da Daniel Pauly e Dirk Zeller, del Progetto Sea Around Us, ha “ricostruito” i livelli di catture della pesca, integrando dati che sfuggono alle statistiche ufficiali della FAO, quali le catture della pesca artigianale, della pesca ricreativa, i rigetti in mare e le catture illegali. Lo studio ha rivelato che tra il 1950 e il 2010, le catture nel Mediterraneo potrebbero essere state il 50% più alte di quanto dichiarato e il declino degli stocks ben più grave dai picchi massimi di catture registrati negli anni 1990.

Per l’Italia, Pauly e Zeller hannoha calcolato che tra il 1950 e il 2010, “le catture totali sono state 2.6 volte superiori rispetto a quanto dichiarata alla FAO”, che le catture illegali, non dichiarate e non regolamentate, costituiscono il 54% di tutte le catture ‘ricostruite’ e che “l’attività illegale di pesca più conosciuta e ‘rilevata’ lungo tutta la costa italiana rimane quella con le reti derivanti”.

“Bisogna intervenire subito per combattere incisivamente la pesca illegale, ridurre lo sforzo di pesca, adottare piani di recupero per gli stock più a rischio e chiudere le aree di nursery lasciando così al mare il tempo di ripopolarsi” ha dichiarato Domitilla Senni, di MedReAct , l’organizzazione che promuove azioni di recupero della biodiversità marina del Mediterraneo.

[1] Il Rendimento Massimo Sostenibile (RMS) rappresenta la cattura ottimale che può essere prelevata da uno stock ittico, anno dopo anno, senza mettere a rischio la sua capacità di riprodursi in futuro

Ufficio stampa: 3498225483

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